Questa storia parte da molto lontano..
e racchiude dolore, schiavitù e repressioni..
Racconta di gente strappata dalla propria terra e resa schiava,

privata delle proprie radici e di ogni diritto umano..


Ma anche di ribellione, di orgoglio, di speranze e di Fede..
Questa è la storia di un popolo che non abbandona il legame con i suoi antenati, con le sue tradizioni..
Anche se ormai, un oceano li divide dalla loro Madre,
l’Africa!



Bob Marley non è solo un uomo, né solo un cantante..
Robert Nesta Marley è la voce di quel popolo, la voce della loro lotta, del loro credo..



RastafarI




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RastafarI


  « Il mio compito è di tenere vivo e diffondere nel mondo il messaggio di Marcus Garvey, il padre spirituale di Giamaica ...

Voglio muovere il cuore di ogni uomo nero perché tutti gli uomini neri sparsi nel mondo si rendano conto che il tempo è arrivato, ora, adesso, oggi, per liberare l'Africa e gli africani.
Uomini neri di tutto il mondo, unitevi come in un corpo solo e ribellatevi: l'Africa è nostra, è la vostra terra, la nostra patria ...
Ribellatevi al mondo corrotto di Babilonia, emancipate la vostra razza, riconquistate la vostra terra.»
Bob Marley



STORIA E ORIGINI

Cristoforo Colombo sbarcò in Jamaica nel 1494, trovò ad accoglierlo sulle coste dell’isola, i padri di questa terra, gli indiani Arawaks.



Risulta difficile, per mancanza di attendibili fonti storiche, ricomporre il mosaico dei loro usi e costumi. Di certo sappiamo che gli Arawaks, popolo pacifico e solare, sarebbero stati sterminati pochi decenni dopo.


Il loro unico testamento rimane il nome di quest’isola, Xaimaca in dialetto indio, ossia isola della primavera.


Anche qui, come in molti altri angoli del mondo, nel XVI secolo gli stati europei iniziarono una furibonda lotteria per bottini, gloria, terre e possedimenti.
Gli Spagnoli furono i primi a prendere possesso di quest’isola e si comportarono anche qui come in america latina, predoni civilizzati che elevavano i “santi scudi” contro le popolazioni locali.

La Spagna all’inizio del 600 perse una delle piccole guerre coloniali.


Fu Oliver Cromwell il protagonista del secondo sbarco in Jamaica.
Da quel momento l’Inghilterra prese possesso di quest’isola per non lasciarla fino al 1962, anno dell’indipendenza Jamaicana.
In questa terra sotto la dominazione inglese, trenta milioni di Africani furono deportati in America.
Partirono dalla Costa d’Avorio, dalla Nigeria, dal Dahomey, dal Senegal, lasciando nelle loro terre le proprie radici, i corpi dei loro padri. Il loro unico bagaglio, oltre alla promessa di ritornare in Africa, fu lo sguardo gettato oltre la realtà del momento, alla ricerca di un nuovo esodo.


Solo un terzo di loro arrivò nel “nuovo mondo”, già da allora risultava chiaro che la loro sopravvivenza dipendeva dalla conservazione intatta del loro patrimonio culturale.
Vincere la paura ed essere AFRICANI fu la loro unica fede e ancora oggi questa è la spinta fondamentale della società nera jamaicana.
Questi sentimenti presero corpo immediatamente, 1500 guerrieri africani riuscirono a fuggire dalla schiavitù nelle piantagioni prendendo la via delle montagne.


Li dettero vita al più importante progetto di società africana in Jamaica.
Furono chiamati “Maroons”, parola che viene dalla storpiatura dello spagnolo “cimarron”, che significa fuggitivo o più semplicemente “colui che è stato sconfitto”.
Nelle loro tribù, nascoste nelle montagne che sorgono nella zona occidentale dell’isola, fecero rivivere i riti spirituali della società africana, ponte ideale verso l’Africa.


I “Maroons” continuarono a combattere la loro guerra di liberazione contro gli inglesi per quasi due secoli senza essere mai sconfitti dalle truppe coloniali.

Intorno al 1800 vennero intavolate delle trattative con il governo della Sierra Leone per consentire loro il ritorno in Africa.
Questo patteggiamento però risultò fatale per il loro destino, la forza dell’utopia che li aveva tenuti in vita e vittoriosi non potè nulla contro lo stratagemma inglese.
Dopo essere scesi verso la costa in attesa di essere riportati in Africa, vennero decimati da un contingente di truppe inglesi, giunte per l’occasione dalla madrepatria.

Il loro esempio però non fu mai dimenticato, il centinaio di “Maroons” sopravvissuti vive oggi in piccole aggregazioni, ma il loro progetto di società per il nero jamaicano di oggi è una luce che viene da lontano, è un eredità che assume il valore di una guida saldamente ancorata alle proprie radici.



Nel reggae questo richiamo alle radici è svolto nella maniera più diretta, naturale ed evocativa.. l’intera struttura ritmica è presa dai controtempi dei riti Ibo, e simile a questi è il valore purificatore della danza rituale, definita dai Rasta: divina!
 Una pagina fondamentale per il popolo nero jamaicano, l’aprì nei primi del 900 Marcus Garvey, evangelista nero deportato in Jamaica dagli Stati Uniti nel 1927.


Le sue parole fecero divampare un fuoco sempre acceso sotto le ceneri:

GUARDATE ALL’AFRICA QUANDO UN RE NERO VERRA’ POSTO SUL TRONO.

Un etiope di nome RAS TAFARI, principe della creazione, venne incoronato Re con il nome di HAILE’ SELASSIE’ I.


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